Ode ai blog

Oggi, avere un blog è orami una cosa di nicchia, uno scomodo modo per dire la propria in un mondo dominato da zio Instagram e cugino Twitter, dove suocera Google+ guarda e in silenzio borbotta perché nessuno l’ha invitata alla festa di Natale di papà Facebook.

Lo definisco “un morbido cuscino tra social e app”. Già, perché se andate indietro con gli anni (decenni), la storia di internet cominciò con un blog. Poi con dei blog, infine con la versione 2.0 dei blog, i siti web. E poi arrivarono i siti interattivi, il cosiddetto web 2.0. E fu la volta delle app. Sia fatta la loro volontà! inscritta su vetrificate tavolette di diversa misura e spessore, che permettono di controllare in modo ossessivo lo stato di aggiornamento dei suddetti siti web e delle già citate app.

Quale evoluzione! Posto qualcosa. Controllo i like e ne godo (non fate gli altezzosi, tutti lo facciamo e tutti ne traiamo compiacimento alla stregua di un orgasmo ben fatto). Lancio un tweet. Controllo di aver citato tutti gli interessati nella foto. Re-twitto qualcosa. Commento un cinguettio perché l’autore ha molti follower. Vado a dormire.

Mi sveglio, controllo la home di Facebook, metto tre like (non pubblico perché sarei etichettato come super-nerd-15enne-socialdrogato), apro Twitter, re-twitto qualcosa, leggo le news e re-twitto anche quelle. Magari ci scappa anche un “Buongiorno!”, tanto su TW non ci costa nulla, è solo un numero in più nella pagina del nostro profilo. Poi è la volta di Instagram. Oh, delizia degli occhi! Mettere cuoricini alle foto è facile come mettere un preferito ad un tweet un po’ carino. Controllo i cuoricini degli altri, soprattuto della persona che mi interessa e via. È arrivato il momento di alzarmi dal letto e cominciare la giornata.

Ma forse ancora una controllata a quel profilo, in fondo, ci sta!

ODE AI BLOG.

Che furono loro ad iniziare, con calma e serenità, tutto ciò.

Che furono loro ad insegnare alla gente il potere di internet (no, non lo chiamerò mai L’Internet, non mi avrete mai seguaci della crusca della rete – o se volete, accademia del silicio).

Che furono loro ad aprire la strada alla condivisione.

Ma sopratutto ode a loro, che in un mondo dove la grammatica e il buon concetto di un post va al diavolo per battere tutti sul tempo, per fare il post più potente nel minor tempo (e spazio) possibile.

Io dico no. Io dico tornate ai blog, condividete sui social più post dei blog. Adagiatevi alla calma e al buon gusto di leggervi, alla stregua di un buon quotidiano, un bel articolone di 600 parole sugli immigrati che varcano i confini della Slovenia – non il post del vicino bellicoso che dopo aver spento la TV indice sentenze e soluzioni finali azzeccatissime. Adagiatevi alla calma e al buon gusto di scrivere, con serenità e consapevolezza, soppesando ogni parola o scrivendo di getto (come questo post ora, dove non so nemmeno dove andrò a finire ma va bene così, beata purezza!) un post come si deve: lungo, denso, pensato anche se fatto di getto, senza l’ombra nera e oscura del tempismo da “primo like” propria di Facebook.

Il blog porta a ragionare, porta a scrivere meglio. Porta a pensare, a ragionare e ad essere più creativi. Un editor, zero distrazioni. Nessuna notifica, nessun controllo spasmodico di chi mi ha copiato. Corsivi adeguati, grassetti potenti, “citazioni” adeguate, immagini significative e non accaparratrici di like.

Questo è il mondo dove chi si fa selfie e balla in discoteca brucia. Questo è il mondo di una cultura diversa.

Questo può essere anche il tuo mondo?

Forse, dovremmo postare di meno e scrivere di più

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